Palazzo Papafava, un crocevia del fronte

Scorcio di palazzo Trento Papafava in via Marsala, a Padova

Tra i molti palazzi padovani da ricordare per il ruolo di protagonista durante la Grande Guerra ai primi posti andrebbe collocato a buon diritto palazzo Papafava di via Marsala.

Di questo palazzo parla estesamente Francesco Papafava nel suo agile fascicoletto Palazzo Papafava, crocevia del fronte fra cronaca e storia, edito come postfazione al volume Dai Dragoni del Genova ai Bersaglieri di Boriani (Gaspari, 2006) e poi stampato in forma indipendente. Il testo, dopo una prefazione storico-architettonica sull’interessante palazzo settecentesco che riprenderemo magari in un altro post, è una sorta di cronaca delle vicende del palazzo viste attraverso lo sguardo di Margherita Papafava nel periodo della Grande Guerra, quando la nobildonna lo elesse come principale luogo di soggiorno per stare il più vicino possibile al marito, Lucangelo Bracci Testasecca, ufficiale spesso impiegato in zona di guerra.

Palazzo Papafava era stata l’abitazione principale di Margherita e del più giovane fratello Novello, figli di Francesco Papafava (morto nel 1912) e di Maria Meniconi Bracceschi, durante la loro gioventù, alternata alla residenza fiorentina dove la famiglia era solita passare l’inverno e la primavera. Attraverso le lettere che Margherita scriveva al marito sappiamo molte cose della vita quotidiana nel palazzo e delle voci, speranze, timori che si diffondevano negli ambienti civili nelle retrovie del fronte. Ma palazzo Papafava era un luogo privilegiato: la famiglia era molto nota e aveva conoscenze ai più alti livelli in tutta la nazione e l’edificio fu, da prima dell’inizio del conflitto, un luogo di passaggio di militari e politici di alto grado. Molto veniva all’orecchio delle patriottiche Margherita e della madre Maria, che aveva allestito nel salone d’onore del palazzo il “laboratorio Papafava” di cucito, dove decine di volontarie si alternavano per confezionare abiti e quant’altro potesse servire ai militari al fronte.

papafava-fascicoloCOPwebIl patriotismo della famiglia Papafava si dimostra anche nel suo mettere a disposizione dell’esercito la tenuta di Frassanelle, dove si formarono bersaglieri e arditi e dove soggiornò anche un reggimento inglese. Quanto al palazzo padovano, dal novembre 1917 vi prese stanza la Missione militare francese presso il Comando supremo, che vi rimase fino al termine del conflitto. Non manca, Margherita, di raccogliere e raccontare al marito quanto apprende in particolare dal tenente francese Lucien Henreaux, amico di famiglia, presente stabilmente nella Missione.

Talmente era noto il legame della famiglia con gli ambienti militari e tale era l’influenza che essa esercitava sulla città che, secondo la testimonianza di Angelo Gatti, colonnello addetto al Comando supremo, quando a novembre 1917, pochi giorni dopo Caporetto, si diffuse la notizia che i Papafava avrebbero abbandonato la città, ciò “aveva gettato il dubbio nei padovani, che, sapendo le aderenze di quelli, hanno subito sospettato di gravi avvenimenti”. La notizia era solo in parte infondata, perché effettivamente in casa Papafava era tutto pronto per partire, ma le buone notizie giunte dal fronte convinsero prima ad attendere e poi a rinunciare al trasloco: e anche questo contribuì “alla saldezza del fronte interno cittadino” assieme alle altre opere di assistenza messe in atto dalla famiglia. Maria Papafava dei Carraresi ottenne la Croce di guerra al merito e la Reconnaissance française.

Ci fermiamo qui con questo primo post introduttivo al rapporto tra i Papafava e la Grande Guerra: altri ne seguiranno presto e il sito è aperto ai contributi di chi volesse inviare i propri approfondimenti.

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