Lo studioso di storia Enrico Baruzzo ha curato, su incarico della parrocchia di Valli di Chioggia, “Terra di confine” (Tracciati editore, 2016), un volumetto dedicato alla storia di Valli dall’origine della parrocchia fino all’alluvione del 1966. Un paragrafo del libro si occupa di Grande guerra, con informazioni anche su Conche, frazione di Codevigo, al cui territorio a quel tempo faceva riferimento la comunità di Valli. «Alla fine di ottobre 1915 il curato calcolava che erano sotto le armi settanta curaziani e, di questi, diciotto risultavano feriti e tre morti. Per questi ultimi l’11 ottobre 1915 veniva tenuta, in forma solenne, una funzione religiosa a cui presenziavano rappresentanze delle autorità comunali e militari e l’intera popolazione di Conche», scrive Baruzzo, citando documenti dell’Archivio parrocchiale.
Secondo l’autore, la collocazione oltre il Brenta della curazia impedì lo stanziamento di truppe, cosa che avvenne invece a Codevigo e in un’altra frazione prossima a Conche e a Valli, Santa Margherita di Calcinara. Sempre a Codevigo, emergono altri episodi interessanti legati al mondo religioso: «(…) i primi mesi di guerra – scrive Baruzzo – furono percorsi a Codevigo dalle accuse di austriacantismo a carico del clero. Il 25 giugno 1915 fu tratto in arresto il cappellano di Codevigo, don Antonio Coletto, per avere pronunciato frasi che incitavano a disertare il servizio militare. Contestualmente don Cesare Loreggia venne fatto bersaglio di sospetti e critiche per un suo presunto sentimento filo austriaco, attacchi da cui, comunque, il sacerdote «seppe difendersi». Questi fatti erano la locale declinazione di una vasta campagna di diffamazione a carico del clero italiano, sulle cui spalle gravava l’eredità di decenni di opposizione e scontro della Chiesa nei riguardi del Regno d’Italia».
Se furono centinaia i preti e i religiosi fermati e posti sotto processo in Italia, nella sola diocesi di Padova (che comprende anche territori nelle province di Vicenza, come Thiene e l’altopiano di Asiago, di Treviso come Valdobbiadene, di Venezia come parte della riviera del Brenta), tra il giugno e l’agosto 1915 furono incarcerati e giudicati da tribunali militari una quindicina di sacerdoti: questo anche a causa della lettera pastorale Prescrizioni e norme per le presenti necessità (1 giugno 1915) con cui il vescovo Luigi Pellizzo «pur proclamando il proprio lealismo patriottico e raccomandando al clero e ai fedeli la piena obbedienza alle autorità costituite, intese farsi interprete delle aspirazioni popolari che ambivano ad una vita pacifica, sottratta alle sofferenze della guerra». Don Coletto fu comunque prosciolto un anno dopo, il 20 giugno 1916, e anche per don Loreggia non ci fu alcun seguito alle accuse.
Baruzzo nota l’importanza dei sacerdoti come punto di riferimento importante per la popolazione, perché intrattenevano corrispondenze con i cappellani militari e con la Segreteria di Stato vaticana e potevano avere notizie dei parrocchiani al fronte, e non di rado portare la notizia della morte di un soldato alle famiglie quando la stessa autorità militare non sapeva fornire informazioni: è questo il caso di Bassan Ernesto, morto il 6 febbraio 1918 di pleurite mentre era prigioniero in Austria, la cui notizia fu comunicata al parroco, che lo annota nel Registro dei morti di Conche, «dalla Segreteria di Stato di Sua Santità alla quale s’era rivolto per avere notizie del suddetto soldato dopo ché la famiglia inutilmente aveva sprecato tempo e denaro presso i vari uffici destinati a fare indagini dei prigionieri, dei morti, degli scomparsi».
L’evento bellico rafforzò anche la pratica religiosa: obbedendo alle prescrizioni vescovili sull’accostarsi all’Eucarestia per ottenere la pace, si tennero comunioni generali dei bambini per richiedere a Dio la grazia della pace, come accadde domenica 9 gennaio 1916. In questo periodo fu anche fondata la Confraternita del SS. Sacramento, istituita il 30 aprile 1916, e si rafforzarono la pratica della coroncina in onore di S. Antonio e la devozione al Sacro Cuore di Gesù, promossa da padre Agostino Gemelli: Conche vi dedicò l’intero giugno 1917 con tale slancio da raccogliere le congratulazioni del vescovo.
La disfatta di Caporetto fu salutata da don Loreggia come una mancata adesione alle direttive pontificie sulla pace. Agli occhi del sacerdote, il mancato ascolto della parola del Papa – la celebre “inutile strage” di Benedetto XV – e le vicende belliche erano strettamente collegate. Un anno dopo, a «Conche, come in tutte le parrocchie e curazie della diocesi, la fine delle operazioni militari venne coronata da un solenne Te Deum per ringraziare Dio per avere risparmiato l’Italia dall’onta di un’invasione, per avere fatto finalmente tacere le armi e per avere fatto cessare la guerra».
Tuttavia a Conche, al termine della guerra, mancarono all’appello 21 uomini, morti in battaglia, di malattia o di stenti.
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