La Casa del Mutilato

Sorta nel 1917, alla fine del Primo Conflitto Mondiale, l’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra (A.N.M.I.G.), fu la prima associazione combattentistica nazionale nata con l’intento di supportare, economicamente e psicologicamente, i molti soldati che tornarono a casa dalla guerra mutili nel fisico e nello spirito e di sostenerne le famiglie. Da qui la necessità di erigere nelle principali città d’Italia una Casa del Mutilato.

Precocissimo esempio in questo senso fu la sede patavina, la cui posa della prima pietra avvenne il 4 novembre 1926 sotto gli auspici dell’allora vescovo di Padova, monsignor Elia Dalla Costa. Esattamente un anno dopo la casa venne inaugurata, il 6 novembre 1927, davanti a una folla di astanti. L’area di costruzione, donata dal Comune di Padova, veniva a trovarsi in un luogo significativo, collocata idealmente fra il Sacrario dedicato alle vittime civili dei bombardamenti aerei e la chiesa del Carmine, la cui cupola fu divelta da un bombardamento per essere poi ricostruita. Queste ferite simboliche inferte alla nostra città non potevano non fare da richiamo a ben altre ferite.

Crocifissione, Alessandro Pomi,
“Crocifissione” di Alessandro Pomi,

L’edificio neo-rinascimentale fu progettato dall’ingegner Renato Fabbrichesi, allora docente presso l’Università di Padova, che seppe realizzare un edificio elegante e semplice allo stesso tempo. Il corpo di fabbrica è diviso in due parti, un avancorpo e una sala ottagona. L’avancorpo è scandito da morbide linee curve, esaltate dalle stondature laterali del fronte che evidenziano l’isolamento dagli altri edifici circostanti; dalla cupola sovrastante il salone delle assemblee e dal frontone coperto da una volta a botte cassettonata.

La facciata dell’edificio presenta due lapidi riportanti rispettivamente il discorso di Vittorio Emanuele III e il Bollettino della Vittoria di Armando Diaz. Lungo l’arco di ingresso si legge la scritta “Deo et patria noscimur”, frase dettata dall’Onorovele Carlo Delcroix, grande invalido e mutilato di guerra, Presidente nazionale dell’Associazione. La stessa frase si trova sul frontone della sede di Roma, progettata da Marcello Piacentini e inaugurata il 4 novembre 1928.

Il sottarco è occupato da una mezzaluna bronzea raffigurante delle aquile ferite che continuano il loro volo seppur stremate. Autore di questa importante opera fu lo scultore piacentino Luigi Soressi, che a Padova realizzò anche una delle statue acroteriali dell’Altare della Patria presso il Municipio e il monumento posto sulla facciata della chiesa di San Nicolò. All’interno spiccano due pregevoli opere: il busto bronzeo di Carlo Delcroix, opera di Antonio Giuseppe Santagata e una tela raffigurante il Cristo sulla Croce di Alessandro Pomi.

L’atrio presenta una vetrata a mosaico con scene di guerra, mentre la specchiatura ottagona del soffitto del salone era affrescata con una scena di tributo bellico ad opera di Giuliano Tommasi, perduta in seguito ai danni riportati nel secondo conflitto mondiale. Dello stesso Tommasi si conserva nella sala della Presidenza al primo piano una tela raffigurante la Vittoria.
Nel 1956 l’edificio subì ulteriori importanti modifiche, dovute alla necessità di ingrandire la sede che venne così innalzata di un piano.

Casa del MutilatoLa Casa del Mutilato è un edificio importantissimo che scandisce le vicende storiche delle persone che, avendo combattuto per la propria Patria, hanno compiuto per essa un sacrificio estremo. Doveroso quindi inserirla fra i monumenti più importanti che nella nostra città testimoniano la Grande Guerra. Sicuramente è di grande interesse il fatto che tutto, o quasi, ciò che venne realizzato in funzione dell’edificio (arredi, decorazioni), a partire dall’area in cui è sito, è frutto di donazioni. Questo edificio testimonia una partecipazione corale di entusiastica solidarietà fra persone di ogni estrazione sociale e culturale, esito di un dovere civico e politico, ma soprattutto di un dovere morale, un tributo di onore a chi non c’è più, a chi è tornato riportando gravi menomazioni e a tutti coloro che hanno perso una persona cara durante il Primo Conflitto Mondiale.

Silvia Zava

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