Il re, Diaz e Cadorna a palazzo Priuli-Dolfin oggi Teresianum

Nel borgo di Santa Croce, non lontano dal Prato della Valle di Padova, si trova palazzo Dolfin-Boldù, oggi sede del Teresianum. L’edificio è  (poco) noto perché Vittorio Emanuele III vi incontrò il generale Luigi Cadorna l’8 novembre 1917, ovvero il giorno in cui quest’ultimo dovette cedere il comando dell’esercito al generale Armando Diaz. Attraverso questa via, che porta ancora il suo nome, nel 1866 il nonno Vittorio Emanuele II era passato dopo essere entrato da porta Santa Croce nella città finalmente liberata dagli austriaci.

Il palazzo era stato eretto dalla famiglia Priuli e poi era passato ai Papadopoli, ai Dolfin e ai Boldù. Costruito nel 1568 forse dal ticinese Giovanni Antonio Rusconi, era stato commissionato da Lodovico Priuli, ricco patrizio veneziano, il cui padre Gerolamo era stato doge l’anno prima ed era succeduto nella carica al fratello Lorenzo. Lodovico Priuli morì nel 1571 lasciando per testamento l’indicazione di istituire, nel palazzo di borgo Santa Croce, un collegio universitario per giovani del proprio casato. Gli esecutori del suo testamento dovettero quindi provvedere che vi venissero mantenuti sei scolari finché avessero compiuto il corso dei loro studi. Quattro di questi dovevano essere scelti nel ramo stesso della famiglia al quale apparteneva il testatore o, quando non si fossero trovati, tra i figli e i nipoti di Costantino Priuli, gli altri due da un ramo qualunque dello stesso casato. Il reddito dei beni assegnati per il mantenimento del collegio iniziò presto a scarseggiare, cosicché gli alunni ospitati dovettero essere ridotti; nel 1690 gli alunni erano due soltanto e, al principio del Settecento, del collegio restava solo la memoria.
Passato ai Papadopoli, palazzo Priuli fu ceduto nel 1906 a Dolores Branca da Nicolò Papadopoli Aldobrandini; passò poi al conte Paolo (Pula) Dolfin -Boldù, sposo nel 1908 di Dolores, che al piano terra raccolse un piccolo museo di storia naturale e caccia grossa, dove esponeva i trofei imbalsamati riportati dai propri avventurosi viaggi. Nel 1947 il palazzo fu acquistato dalla ompagnia di Santa Teresa d’Avila, o di Gesù, che tuttora vi gestisce un istituto paritario (Teresianum).
Studi condotti da Andrea Calore hanno rivelato che l’originario palazzo costruito nel 1568 non corrispondeva all’attuale, ma al solo corpo centrale che ha pianta quadrata. Alcune rimanenze di questo edificio sono ben visibili, come il portale d’ingresso e le lesene doriche dell’atrio al piano terra e, al piano superiore, il fregio sotto il soffitto del salone. A quest’epoca potrebbe appartenere il notevole bassorilievo in stucco della «Sacra Famiglia», databile a fine ’500, oggi sul lato interno del portico. Il palazzo venne allungato e rialzato di un piano circa due secoli dopo, a fine Settecento.

Ma torniamo a Cadorna. Arrivò a Padova in seguito alla riritata di Caporetto, dopo essersi fermato pochi giorni a palazzo Revedin di Treviso, il 5 novembre 1917; il resto del Comando vi si era stabilito già dal 27 ottobre. Il 7 novembre il generale Cadorna fu informato della prossima destituzione, che gli sarebbe stata confermata personalmente dal re, giunto a palazzo Dolfin-Boldù di buon mattino il giorno dopo. Vittorio Emanuele III vi si trattenne per poche ore. A mezzogiorno un funzionario ministeriale consegnò la lettera ufficiale a Cadorna e poi si diresse a Meolo, nel veneziano, dove si trovava il generale Diaz. Solo verso le 21 quest’ultimo raggiunse il palazzo e salì da Cadorna. Secondo un cronista, Cadorna uscì dalla stanza verso le 22.30, palesemente contrariato.

Con il trasferimento a Padova dei comandi militari, sulla città ripresero anche i bombardamenti aerei, che da oltre un anno, dopo la tragedia del bastione della Gatta, erano stati sospesi. La popolazione era allo stremo e, per alleggerire la pressione sulla città e per maggiore sicurezza dei comandi militari, si decise un nuovo spostamento. Il 19 gennaio il Comando supremo si trasferiva a Tramonte e pochi giorni dopo ad Abano Terme, dove rimase fino al termine del conflitto.

In occasione del centenario della Grande guerra il palazzo viene saltuariamente aperto alle visite.

(tratto dal volume Padova e la Grande guerra)

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